Questa seconda parte si riferisce alla radicale infondatezza dell’istanza di archiviazione delle indagini penali (in realtà mai condotte), perché si riferisce a delle sentenze della Corte Costituzionale gravemente erronee anche perché basate su presupposti non corrispondenti alla realtà dei fatti così come risultano, peraltro, anche da documentazione istituzionale delle autorità responsabili per l’autorizzazione centralizzata a livello dell’UE dei cosiddetti “vaccini”-Covid-19.

A.

Assoluta mancanza di autorevolezza e importanza delle decisioni della Consulta nel procedimento de quo in punto obbligo “vaccinale”-covid-19

Come già esposto nell’atto di opposizione all’istanza di archiviazione e come sarà qui in seguito ulteriormente esposto e documentato, i Denuncianti Sanitari sono vittime di una gravissima violazione della legge, tra cui anche il D.L. 44/2021, da parte delle autorità nazionali e locali responsabili della Sanità Pubblica.

Il P.M., rinunciando di fatto – senza alcuna motivazione – alle indagini, che in un primo momento aveva disposte con la massima urgenza sui gravissimi fatti esposti e documentati nella denuncia (indagini però mai effettuate, come risulta in modo inequivocabile dal fascicolo delle “non”- indagini) ha basato la sua istanza di archiviazione sulla mera circostanza che la Corte Costituzionale ha ritenuto non fondate o inammissibili le questioni di costituzionalità sollevate da diversi Tribunali e TAR rispetto all’obbligo “vaccinale” di cui al D.L. 44/2021.

È, dunque, necessario dimostrare innanzitutto l’assoluta mancanza di autorevolezza e importanza, nonché la radicale erroneità delle decisioni della Consulta sul tema dell’obbligo “vaccinale”-Covid-19 perché basate su false premesse.

A.1.

Le decisioni di rigetto (infondatezza o manifesta infondatezza della questione sollevata) della Corte Costituzionale hanno solo efficacia inter partes!

Il PM, anziché adempiere il suo dovere di accertare la VERITÁ MATERIALE ex artt. 24 comma 1 e 101 Cost. nell’ambito del suo dovere di indagare sulla base di quanto è stato denunciato e documentato (art. 112 Cost.), si trincea dietro alle decisioni della Consulta evidentemente incostituzionali (vedi infra) e che erano fortemente condizionate da questioni di legittimità sollevate purtroppo in modo del tutto contraddittorio, decisioni che, comunque, hanno una mera efficacia inter partes nel rispettivo procedimento in cui le questioni erano state sollevate!

Mentre le sentenze di accoglimento sono decisioni di accertamento alle quali la Costituzione ricollega effetti generali sotto certi aspetti costitutivi – perché la legge viene definitivamente e irrimediabilmente eliminata dall’ordinamento -, l’efficacia delle sentenze di rigetto è totalmente diversa, non contenendo alcuna certificazione dello status di conformità della legge alla Costituzione. La pronuncia di rigetto, quindi, non impedisce che la stessa questione venga in futuro risollevata….. Le decisioni di rigetto della Corte Costituzionale posseggono dunque un’efficacia assai limitata, di ordine solo processuale esclusivamente rispetto al caso giudiziario specifico in cui la questione di legittimità è stata sollevata! Essa non è paragonabile né a quella del “giudicato”, efficacia di cui sono dotate le pronunce della giurisdizione comune, né al quel che si denomina il “giudicato costituzionale”, categoria riferibile invece alle decisioni di accoglimento.[1]

Infatti, le stesse questioni ritenute infondate dalla Consulta (e purtroppo anche in parte non adeguatamente sottoposte) possono essere in futuro accolte dalla Consulta e, comunque, le decisioni di rigetto non obbligano in alcun modo né la Procura e tantomeno il giudice in questo procedimento penale, innanzitutto per quanto riguarda il loro contenuto riferito agli asseriti “fatti” presupposti, sui quali si poggiano le decisioni della Consulta. Sono tali asseriti “fatti” che inficiano alla radice la fondatezza e, dunque, l’autorevolezza e la legittimità costituzionale delle sentenze della Consulta.

A.2.

“L’artificio del decidere oggi con gli asseriti dati di ieri” adottato – comunque inutilmente – dalla Consulta per “assolvere” il legislatore politico

 

La Corte Costituzionale conferma che la ratio dell’obbligo “vaccinale” consiste nella prevenzione del contagio virale, ma ha tentato di “assolvere” il legislatore politico inventandosi l’artificio “di decidere oggi con gli asseriti dati di allora”.

È molto importante evidenziare la parte della sentenza n. 14/2023, laddove la Consulta chiarisce la ratio dell’obbligo vaccinale.

La Consultanon solo non ha accolto lo stravolgimento della ratio proposto dal CGARS[2], ma ha ribadito (Corte Cost. n. 14/2023), punti 10.2 in fine, 11, 12.2, che l’obbligo si regge proprio sulla funzione preventiva del contagio esplicata dal vaccino, su cui si ancora il principio solidaristico. In assenza di una tale efficacia, ogni limitazione imposta al non vaccinato, infatti, lungi, dall’essere attuativa di tale principio, proprio in quanto non fondata sulla ratio dell’obbligo, si trasforma in una discriminazione (qualsiasi limitazione a una libertà priva di giustificazione è arbitrio). Tuttavia, lo stesso giudice costituzionale, come il CGARS[3], ha dovuto confrontarsi con una situazione di fatto che destituiva di fondatezza questo presupposto. Si comprende così il ricorso alla prospettiva inedita o, se si vuole, all’artificio interpretativo usato. L’artificio sta nella scelta di decidere oggi con i dati di allora. La Consulta, infatti, non ha affermato che l’obbligo è conforme a Costituzione perché i dati attuali confermano la capacità preventiva del contagio. In tal caso non vi sarebbe stato alcun artificio … I dubbi di costituzionalità sono sorti proprio sulla base dell’ord. del CGARS, che ha “processualmente” accertato l’assenza dell’efficacia preventiva dal contagio, proponendo una motivazione, in contrasto con la finalità perseguita dalla legge, volta a giustificare ex post l’obbligo.

La Consulta ha opportunamente respinto questa motivazione, restando ancorata alla ratio consolidata e corretta dell’obbligo, valutando la legge sulla base dei dati disponibili al momento della sua approvazione. Segno evidente che essa stessa ha condiviso il presupposto da cui partiva il CGARS (mai contraddetto, infatti , né nella sentenza n.14 né nella n.15). Seguendo il CGARS, il ragionamento sarebbe stato di poche parole: l’obbligo è legittimo perché vaccino” diminuirebbe le forme gravi della malattia, ma la Consulta non ha ritenuto possibile farlo (per non stravolgere la ratio dell’obbligo vaccinale, che è la protezione della salute dei terzi), preferendo una articolata motivazione che ha il suo cardine proprio nel riferimento al tempo in cui la legge è stata adottata.”[4]

È già stato evidenziato e documentato nella Denuncia Penale e nell’Atto di Opposizione all’Archiviazione che c’era la prova istituzionale pubblica, nota ai responsabili dell’obbligo “vaccinale”-Covid-19 sin dall’immissione sul mercato dei cosiddetti “vaccini”-Covid-19, del fatto che questi non erano stati autorizzati per la prevenzione dell’infezione virale, perché tale efficacia i cosiddetti “vaccini”-Covid-19 non la hanno mai avuta!

Qui di seguito verrà ulteriormente esposto e documentato che

ciò che secondo la Corte Costituzionale sarebbe stato il “dato medico-scientifico posto a disposizione dalle autorità di settore” al momento dell’introduzione dell’obbligo “vaccinale”-Covid-19, non corrisponde assolutamente all’informazione pubblica istituzionale messa a disposizione al momento dell’introduzione dell’obbligo “vaccinale” dalle competenti (per un’autorizzazione a livello centrale eurounionale) autorità del settore!

 

E, pertanto, l’artificio adottato dalla Consulta nel malcelato tentativo di “assolvere” ad ogni costo il legislatore e le istituzioni responsabili dell’obbligo “vaccinale”-Covid-19, risulta – alla luce dei fatti – in realtà del tutto inefficace.

 

Avv.DDr. Renate Holzeisen

Membro del Consiglio della Provincia Autonoma di Bolzano – Lista VITA

https://www.renate-holzeisen.eu

 

[1] Cfr. Giustizia costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, Maleria Marcenò, 2012, pagg. 343-345 (doc.2).

[2] Il CGARS (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana), nella piena consapevolezza che i “vaccini”-Covid-19 non prevengono l’infezione virale, ha ritenuto in modo del tutto erroneo (infatti non ha trovato accoglimento questa erronea tesi neppure da parte della Corte Costituzionale anche se questa era principalmente focalizzata ad “assolvere” – ad ogni costo – i responsabili dell’obbligo “vaccinale”-Covid-19) che il beneficio per la collettività sussisterebbe comunque, e precisamente nella riduzione della “pressione” sugli ospedali. Invece, il testo dell’art. 4 D.L. 44/2021 è chiaro. Un’interpretazione estensiva costituirebbe una grave violazione degli artt. 12 e 14 Preleggi.

 

[3] Il CGARS aveva sollevato la qlc che ha portato alla sentenza della Consulta n. 14/2023.

[4] Cfr. Carlo Iannello, Associazione Italiana dei Costituzionalisti, Osservatorio costituzionale, Fasc.4/2023 d.d. 4 luglio 2023 – doc. 3.